Quella attuale è una legge scritta più di 30 anni fa, quando le persone di origine straniera in Italia erano un decimo di oggi, una legge che rende più facile prendere la cittadinanza per una persona nata in un’altro continente che ha un nonno italiano rispetto a chi è nato e cresciuto qui.
Per me, una legge sulla cittadinanza è una delle riforme più urgenti di cui l’Italia ha bisogno.
Lo raccontano le storie dei compagni di classe delle medie di tutti noi, lo raccontano i 29 miliardi di tasse e contributi pagati da cittadini stranieri regolari, che contribuiscono a mantenere in piedi l’Italia ma che in cambio non hanno né il diritto di voto né accesso a molti sostegni dello Stato.
Estendere il diritto alla cittadinanza è necessario per renderlo più giusto, per includere persone che sono già di fatto italiane e per mettere fine, una volta per tutte, alle discriminazioni che colpiscono i bambini stranieri, a cui vengono riconosciuti meno diritti. È inutile concentrarsi sull’attuale legge sulla cittadinanza: non funziona. Lo dimostrano i tempi lunghissimi, la burocrazia asfissiante e il fatto che la cittadinanza possa essere concessa a chi non parla la nostra lingua, non ha mai visitato l’Italia ma ha un lontano parente italiano.